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Rettili Serpenti.

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Biscia del Paradiso

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La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
(Ernesto Codignola)

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Introduzione

Stenostomi Tiflope vermiforme (Typhlos vermicalis) Rinofi Uropete dalla coda Scabra (Uropetis philippina) Cilindrofi Tortrice Corallina (Tortrix scytale) Cilindrofo rosso (Cylindrophis rufa) Peropodi Boa (Boa constrictor) Boa (Boa constrictor) Boa (Boa constrictor)

Anaconda (Eunectes marinus) Sifosoma canino (Xiphosoma caninum) Pitone tigrino o Peddapoda (Python tigris o python moralus)

Pitone rupestre o Pitone di Natal (Python hortalia natalensis) Serpente a Rombi a Argo (Morelia argus) Colubri Colubro Panterino (Coryphodon pantherinus) Colubro nero (Coryphodon constrictor) Biscia dal collare (Tropidonotus natrix) Colubro tessellato o Natrice Gabina o Vipera d'acqua (Tropidonotus tessellatus) Colubro viperino o Natrice Viperina (Tropidonotus viperinus) Colubro leopardino o Quadrilineato (Coronella quadrileneata o Callopeltis leopardinus) Esculapio (Elaphis flavescens o Elaphis aesculapii) Colubro Quadrir o Elafe Quadrilineata (Elaphis quadriradiatus) Caninana (Spilotes poecilostoma) Colubro verde-giallo o Serpe uccellatore (Zamenis viridiflavus o Zamenis atrovirens) Colubro o Zamene Trabeato (Zamenis trabalis) Colubro di Dahl (Zamenis dahlii) Driofidi o Serpenti Arboricoli Sipo (Herpetodryas carinatus) Sciocari (Dendrophis pictus) Medusa Arboricola o Bucefalo (Bucephalus typus) Ossibele Fulgido (Oxybelis fulgidus) Driofide Nasuto (Dryophis nasutus) Driofide Bruno (Dryophis fuscus o passerita fusca) Psammofidi Celopeldite Lacertino o Colubro Lacertino (Coelopeltis lacertinus o insignitus) Pelofidi Elicope dalla coda Carenata (Helicops carinicaudus) Scitale Scitale Coronata (Scytale Coronata) Licodonti Licodonte Aulico (Lycodon aulicum) Boedonte del Capo (Baoedon capense)

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Dipsadi Ailurofide Vivace (Ailurophis vivax) Ular-Burong (Triglyphodon dendrophilum) Elapi Elape Corallina (Elaps corallinus) Bungarus o Pama degli Indiani (Bungarus anularis) Paragudi o Pacta-Pula (Bungarus coeruleus) Vipera Nera (Trimeresurus porphyreus) Cobra de Capello o Vipera dagli Occhiali (Naja tripudians) Naia Ofiofaga (Naja ophiaphaga) Aspide (Naja haje) Vipera Gialla (Alecto curta) Idri Platuro Fasciato (Platurus fasciatus) Pelamide Bicolore (Pelamis bicolor)

Idrofide Remiforme (Hydrophis sublaevis) Idrofide Scistoso o Idrofide Striato (Hydrophis schistosus o hydrophis striatus) Vipere Vipera Bero o Marasso Palustre (Pelias berus) Vipera Comune (Vipera aspis o Vipera redii o Vipera prester) Vipera Ammodite (Vipera ammodytes) Vipera del deserto (Echidna arietans)

Daboia o Tic-Polonga (Echidna elegans) Ceraste o Vipera dai Cornetti (Cerastes aegyptiacus) EFA (Echis carinata) Vipera della Morte (Acantophis cerastinus) Botrofi Serpente a Sonagli (Crotalus durissus) Cascavella degli Spagnoli (Crotalus honidus) Crotalo Muto o Lachesi (Lachesis muta o rhombeata)

Mokassin (Trigonocephalus piscivorus) Bodru degli Indiani (Bothrops viridis) Serpente Verde (Bothrops bilineatus) Serpente Ferro-di-Lancia (Bothrops lanceolatus) Jararaca (Bothrops jararaca) Labaria (Bothrops atrox)

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VITA DEGLI ANIMALI - RETTILI - SERPENTI

STENOSTOMI

Col nome di Anfisbena, tradotto in quello di Doppio Angue, gli antichi intendevano non il sauro annulato a noi noto, ma una biscia vermiforme la quale ha tale somiglianza con quest'ultimo da giustificare la confusione che si fece più tardi delle due specie. Molte sono le descrizioni che ci sono state date di questo serpente dal corpo uniformemente grosso, ugualmente acuminato alla testa e alla coda come quello di un lombrico; gli antichi scrittori gli attribuirono due teste, una davanti e una di dietro e, conseguentemente, la possibilità di strisciare nei due sensi, e si formarono l'opinione che esso partorisca per via orale. La vita sarebbe stata per essa esiziale e mortifera, tanto che si sarebbe potuto ucciderla toccandola semplicemente con un tralcio come fece, Bacco. Una gestante che fosse passata sopra un'anfisbena non avrebbe potuto portare a compimento la sua maternità. La pelle di questo serpente - dicevano inoltre gli antichi testi - è utile nei casi di assideramento, contro i crampi, mentre un'anfisbena morta, legata intorno al corpo, fa passare il freddo. Tutti sono d'accordo nell'attribuire nessun pericolo al morso di questo rettile, ritenuto del tutto innocuo. Da quanto detto sopra, risulta che, più o meno, questo animale era molto noto agli antichi: noi lo facciamo rientrare nell'ordine degli Stenostomi, cioè «Serpenti dalla Bocca Stretta», perché le loro mascelle non possono quasi dilatarsi e in alcuni generi le ossa del muso sono quasi immobili e congiunte le une con le altre. I denti non esistono contemporaneamente nelle due mascelle, ma o in quella inferiore o in quella superiore. Sono di piccola mole, hanno il corpo vermiforme e la testa non distinta dal tronco: sotto la pelle si distinguono rudimenti del bacino. Quanto al modo di vivere, sembra che concordi perfettamente con quello dei sauri annullati.

TIFLOPE VERMIFORME (Typhlos vermicalis)

Vive in Grecia e in Asia minore: le due estremità del corpo sono ugualmente grosse e difficilmente si distingue il muso dalla coda (se non si badasse agli scudetti più grossi che rivestono la testa, si potrebbe scambiare la bocca con l'ano). I tiflopi hanno un carattere decisamente di serpente nella lingua lunga e biforcuta. Le parti superiori sono rossicce e le parti inferiori giallo-pallide. La lunghezza varia tra i 30 e i 32 centimetri.

RINOFI

Agli ofidi vermiformi si ricollegano i Rinofi, serpenti di forma snella, dal diametro ovunque uniforme, dalla coda brevemente troncata e ricoperta all'estremità da un grosso scudo. Le mascelle sono armate di denti e le ossa costituenti le mascelle stesse sono robuste, ma poco mobili. Grandi scudi rivestono la testa e squame embricate coprono tutto il corpo; lo scudo caudale in alcune specie è munito di punte, in altre di squame carenate.

UROPETE DALLA CODA SCABRA (Uropetis philippina)

Questo ofidio delle Indie Orientali ha la coda obliquamente troncata e perfettamente ottusa, con scudi muniti di spine. La mascella superiore ha 9 denti e quella inferiore soltanto 2. Gli occhi, piuttosto voluminosi, sono posti sotto una piastra trasparente. Il colore sfuma da marrone scuro a marrone chiaro. Poco si sa sulle sue abitudini; gli indigeni dell'isola di Ceylon credono che l'Uropete e la naia siano lo stesso animale: ad ogni morso infatti, cadrebbe alla naia un pezzo di coda e questa si ridurrebbe ben presto ad un solo mozzicone così da ultimare la trasformazione in Uropete.

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CILINDROFI

I Cilindrofi, serpenti cilindrici, hanno - come tutti gli ofidi vermiformi - la testa piccola e appena distinta dal corpo, la coda corta e acuminata e le fauci armate di robusti e numerosi denti da presa. Si notano nel loro scheletro un rudimento di bacino e un membro con speroni anali che si vedono distintamente sviluppati solo nei serpenti maggiori. Gli occhi sono posti sotto una squama cornea; una coppia di grandi scudi ricopre la fronte.

TORTRICE CORALLINA (Tortrix scytale)

Una delle specie più comuni di questa famiglia è la Tortrice Corallina, che presenta gli occhi nel mezzo di un piccolo scudetto. Il colore, magnifico a vedersi, è rosso-corallo con strisce trasversali o anelli neri. E' lunga poco più di 60 centimetri. L'area massima di diffusione è localizzata nelle Guiane, ma si possono trovare esemplari di Tortrice anche più a sud. Poco sappiamo dei suoi costumi; si sceglie il nascondiglio fra le radici dei vecchi alberi e in buche sotto la terra, dà la caccia a piccoli rettili e partorisce prole viva.

CILINDROFO ROSSO (Cylindrophis rufa)

Il Cilindrofo si distingue dalle tortrici per la mancanza di denti intermascellari e per gli occhi non ricoperti dalla pelle del corpo. E' diffuso nell'isola di Giava e nel Bengala; è lungo circa 45 centimetri, color bruno-rossiccio con collare e fasce trasversali bianchi. L'esame del ventricolo ha dimostrato che si nutre di tiflopi.

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PEROPODI

Non c'è alcun dubbio che gli antichi indicassero, col nome di «Draghi», quei serpenti che noi chiamiamo Peropodi, o Serpenti Maggiori: la loro sorprendente mole giustifica e fa perdonare tutte le esagerazioni. Nessuna meraviglia, infatti, che l'uomo, trovandosi troppo debole in confronto di questi mostri, ne esagerasse la potenza e la mole e attribuisse loro dei piedi che di fatto non esistono. Essi non videro gli speroni che sono caratteristici dei Peropodi, - e che noi consideriamo rudimenti di estremità locomotrici - ma, malgrado ciò, regalarono loro piedi singolari e meravigliose ali. Coll'andar del tempo a questi draghi si attribuirono anche altre forme e altre doti e divennero la personificazione del Male. Sul finire del sedicesimo secolo il naturalista Gessner raccoglie tutte le notizie che può sul Drago e ce lo descrive minutamente: Questo nome di «Drago» deriva da una parola greca, che vuol dire «vista acuta» e si adopera spesso, in generale, per tutti i serpenti, ma più specialmente per indicare quelli che sono più grossi e che stanno agli altri serpenti, come le balene agli altri pesci. Presso i mori, in Nigeria, esistono draghi così grossi da arrivare ai 30 passi: essi vengono chiamati «Ammazza - Elefanti». Si sa di draghi enormi che hanno suscitato la curiosità di Alessandro Magno: uno, lungo più di 30 metri, aveva gli occhi grossi quanto la metà di un larghissimo scudo. L'Etiopia è la patria dei draghi più grossi, lunghi perfino sulla trentina di metri. Se ne distinguono due razze: quelli che stanno sui monti o sulle regioni montuose e quelli che vivono nelle paludi: i primi sono agili e portano una specie di cresta, i secondi sono pigri e senza cresta; alcuni hanno ali, altri no. Il Drago sta nascosto quasi sempre nella sua tana, ma, non appena sente l'umidità, esce fuori e con l'aiuto delle ali si innalza a notevole altezza e vola con impeto. Alcuni hanno la bocca così grande da poter ingoiare senza sforzo uccelli o altri animali; nella Frigia si possono vedere questi animali che, all'ora del pasto, escono dalle tane e si aggirano con il collo proteso e la bocca spalancata in attesa che passi qualche uccello; quando ne vedono qualcuno, inspirano l'aria e producono una specie di vortice, cosicché la preda viene risucchiata ed ingoiata. L'aria dei luoghi dove essi dimorano rimbomba continuamente di fischi ed è appestata dalle loro emanazioni velenose. Si nutre di uova, erbaggi, frutta ed animali. Ingaggia continuamente battaglie con le aquile, che dei draghi si cibano, e con gli elefanti. Qualche volta, nelle lotte contro questi ultimi animali, possono anche soccombere, perché, quando essi se li vedono addosso, questi si avvicinano ad un masso o ad un tronco d'albero per schiacciarli. I Draghi non hanno veleno e perciò vengono annoverati tra quegli animali che sono pericolosi per le ferite che possono procurare e non per la velenosità dei loro morsi. Occorre notare, però, che, se i Draghi non sono velenosi per loro natura, lo possono diventare a seconda delle regioni in cui vivono. Nell'Africa i Draghi possono essere velenosi: essi, prima di sferrare un assalto, usano mangiare radici velenose. Anche se si ammette che siano esistiti serpenti con mole maggiore che non nell'epoca attuale, non esistettero però mai mostri come quelli che ci descrissero gli antichi: noi siamo troppo disposti a valutare oltre il vero questi animali e non riconosciamo il nostro errore se non quando li abbiamo misurati. Può anche accadere che l'indigeno dell'Africa e dell'America racconti di aver ucciso bestie della lunghezza di 16 metri, salvo poi a meravigliarsi al cospetto di un serpente di appena sette metri e a dire che non ne ha mai visti di più grossi prima di allora.

I caratteri distintivi dei Serpenti Maggiori o Peropodi (a piedi rudimentali) sono i seguenti: testa in genere sensibilmente distinta dal tronco, triangolare, schiacciata, più o meno acuminata anteriormente; bocca tagliata in profondità, corpo robusto e muscoloso, lateralmente compresso; coda relativamente breve; due speroni ottusi, cornei - rudimenti di estremità - nelle vicinanze dell'ano. I due archi mascellari portano denti disposti in modo che il secondo e il terzo della serie sono i più grossi, gli altri digradano verso l'interno. L'occhio è voluminoso, con la pupilla allungata; i polmoni sono ambedue sviluppati. Vivono in tutte le regioni calde ed umide del mondo, sebbene, probabilmente, in epoche anteriori la zona di diffusione fosse più estesa. Abitano di preferenza le grandi foreste, specialmente quelle attraversate da fiumi: parecchi, infatti, sono animali acquatici e lasciano le acque solo per godersi il sole o per dormire. La struttura del loro occhio li qualifica come animali notturni e, se anche si vedono in giro di giorno, la loro attività non ha inizio altro che con il cadere delle tenebre. Queste, naturalmente, sono esperienze che si sono potute fare solo su animali in cattività, perché, di notte, le regioni abitate dai Serpenti Maggiori sono inaccessibili e l'oscurità rende impossibile la osservazione. Per godere il sole, alcuni scelgono un masso, un luogo asciutto o una rupe sporgente sull'acqua, altri si arrampicano sugli alberi e si attorcigliano strettamente ad essi, oppure lasciano penzolare dai rami la parte anteriore del corpo. Quando scorge una preda, il poderoso animale si precipita, spiegando tutta la sua forza, sulla vittima predestinata, l'afferra con le mascelle robuste e le si avvolge intorno con spire che diventano sempre più serrate fino a soffocarla. Non sono vere le storie paurose che si raccontano, perché non c'è serpente, per grosso che sia, capace di inghiottire un uomo, un cavallo o un bue, dal momento che anche l'inghiottimento di un capriolo presenta non poca difficoltà. E' poi anche assurda la diceria che questi animali aspettino che la preda sia andata in putrefazione, qualora sia troppo grossa per le loro fauci; è anche falso che la loro bava acceleri la putrefazione; è vero invece che dopo aver mangiato, come tutti i rettili, anch'essi cadano in uno stato di torpore. Poco si sa sull'accoppiamento di questi animali in stato di libertà; si sa che alcuni depongono le uova e che altri partoriscono prole viva; i piccoli, appena sgusciati, sono lunghi qualche decimetro e grossi come un pollice. Per qualche tempo essi si mantengono uniti e si stabiliscono insieme sul suolo o tra i rami degli alberi. Sembra che il loro accrescimento avvenga molto lentamente e un individuo di 5 metri ha già raggiunto una notevole età. Solo gli inesperti hanno paura dei Peropodi, ma non certo coloro che hanno imparato a riconoscerli. In Brasile, fuggono alla vista dell'uomo: può essere avvenuto che alcuni individui giganti lo abbiano assalito occasionalmente, cioè gli si siano attorcigliati intorno ma, delle molte relazioni, nessuna parla dell'uomo come di una probabile preda di caccia. Nessuno li teme e si dà loro caccia attiva, perché si trae profitto dalla carne, che è venduta agli indigeni, dal grasso, che serve a preparare medicinali, dalla pelle, con la quale si confezionano moltissimi oggetti d'ornamento. Anche gli animali vivi sono richiesti e si possono vendere ad altissimo prezzo: infatti non c'è serraglio che non ostenti, fra i suoi animali, un serpente gigante, ottimo mezzo per richiamare l'attenzione della gente. Grande è l'ammirazione che riempie l'animo degli ignari al vedere il custode di questi serragli, che con grande disinvoltura tira fuori da una cassa il boa, ricoperto di lana, e se lo attorciglia al corpo. In realtà, appena catturati, questi serpenti si mostrano irrequieti e addentano con violenza il loro guardiano, poi si abituano all'uomo e si può perfino maltrattarli, senza che essi oppongano la minima resistenza. Non sono quindi pericolosi e può essere considerato solo come un disgraziato accidente il caso di quel boa che in un circo strangolò una giovane danzatrice che doveva comparire con esso in un numero di ambiente indiano. Forse la vista di alcune scimmie da poco giunte aveva risvegliato in lui la smania di predare.

I serpenti velenosi

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Dalla lucertola al serpente

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BOA (Boa constrictor)

Il Boa propriamente detto ha la coda prensile e dei piccoli scudi sulla testa; le squame sono lisce. Il suo disegno è molto bello, malgrado risulti dall'alternarsi di poche tinte: il fondo è grigio-rossiccio con una striscia longitudinale sul dorso a spina di pesce con macchie gialle e grige. I giovani hanno colori più vivaci. La lunghezza degli individui adulti arriva a sei metri e mezzo e li oltrepassa anche, a detta degli indigeni. L'area di diffusione del Boa sembra più ristretta di quanto fin qui ammesso, poiché spesso si sono scambiate fra di loro alcune specie di grossi serpenti; comunque, alcuni naturalisti indicano più o meno la parte settentrionale e orientale dell'America meridionale. Vive nelle regioni calde ed asciutte, nei boschi, nei cespugli e nelle spaccature delle rocce. Non scende mai in acqua, dove, al contrario, parecchie specie affini hanno dimora. Di giorno esso non si lascia sfuggire la preda che eventualmente si presenta, ma la vera caccia inizia col calar delle tenebre. Tutti i viaggiatori che scrissero relazioni sul Boa concordano nel dire che questi animali rimanevano immobili in uno stesso posto e che si mettevano in fuga solo quando l'uomo si fosse avvicinato. Il naturalista Schomburgk racconta come catturò un boa, stordendolo con una sonora randellata e trascinandoselo dietro con un legaccio delle mutande. Questo animale non ha la vitalità degli altri rettili e basta anche un solo colpo di fucile, ben dato, per stenderlo al suolo. Il suo cibo consiste in piccoli mammiferi, uccelli, ofidi e rane. Come già detto, gli animali adulti possono anche dare la caccia a prede della grossezza di un cane o di un capriolo. Un cacciatore brasiliano raccontò come, avendo egli un giorno udito guaire nella foresta il proprio cane, accorse immediatamente e trovò che era stato morso da un boa ad una coscia e che era stato talmente stretto da sanguinare. Con un colpo di fucile lo liberò in breve dall'abbraccio, ma il cane stette a lungo prima di riaversi. Le storie di cavalli adulti, inghiottiti da mostruosi serpenti, debbono essere considerate solo favole. La tecnica con cui i boa afferrano e inghiottono la preda è stata descritta da molti, ma la descrizione più efficace è quella del naturalista Schinz. Perché lo spettacolo del pasto potesse essere visto da molti spettatori, il serpente (un boa di cinque metri e mezzo) fu collocato su di un alto palco sul quale era stato disteso un panno per rendere la superficie meno scivolosa. Il boa, molto vivace e che da poco tempo aveva compiuto la muta, guardava intorno, alzava la testa e vibrava con vivacità la lingua. Gli si presentò un capretto piuttosto grosso che belava; il serpente, allora, tirò indietro la testa, sempre vibrando la lingua, e rimase immobile, spiando con occhi lucidi i movimenti della bestia. Tutto ad un tratto si slanciò come una saetta sul collo proteso dell'animale, afferrò il muso con le fauci e gli si strinse intorno con rapidità incredibile, come se fosse una molla da orologio che, tirata e poi lasciata libera, si raccogliesse insieme; avvoltosi in due spire intorno all'animale, ne schiacciò talmente il petto che questo non poté più respirare.

Rimase in quella posizione per otto minuti, finché il capretto non diede più segni di vita, poi, finalmente, sciolse le sue spire e lasciò l'animale; stette per un certo tempo tranquillo, tastandolo con la lingua. Dopo qualche tempo, con un celere movimento, afferrò nuovamente la testa della sua vittima e si accinse alla faticosa e forse dolorosa operazione della deglutizione. A poco a poco la testa fu spinta nelle fauci, la mascella inferiore si slargò tanto da sembrare slogata e la testa, prima bella, assunse una forma ributtante. Poi furono spinte dentro le spalle del capretto mentre le ghiandole salivari stillavano abbondantissima saliva per rendere il boccone più scorrevole; la trachea veniva protesa di fuori per parecchi centimetri e le fauci si distendevano sulla vittima come una calza sulla gamba. L'operazione della deglutizione durò circa un quarto d'ora; il collo e il petto del serpente crebbero assai di volume e si poteva vedere chiaramente come il capretto procedesse nella discesa verso il ventricolo: dopo circa dieci minuti la mascella e la trachea ripresero la primitiva forma, ma lo sforzo era stato tale che la bocca sanguinava tutta. Il giorno dopo si poteva ancora distinguere il rigonfiamento provocato dal capretto ingerito, ma dopo tre giorni il corpo aveva ripreso la sua forma primitiva e dopo otto giorni un altro capretto fu inghiottito. L'inghiottimento riesce molto più laborioso qualora inizi dalle estremità posteriori. I boa liberi probabilmente non si cibano che di prede da loro stessi uccise, mentre quelli in cattività mangiano anche animali già morti. In America i boa uccisi vengono adoperati per vari usi: la carne viene mangiata da alcuni selvaggi, il grasso è rimedio sicuro contro alcune malattie, la pelle, conciata, è trasformata in stivali, coperture di selle, ecc. I boa vivi che giungono in Europa sono, generalmente, catturati con trappole, che si tendono all'imboccatura della tana in cui vivono: l'animale, così preso, si contorce, ma di rado accade che si strozzi (sembra quasi insensibile alle compressioni, agli urti e alle scosse). Quel boa che Schomburgk aveva catturato si era completamente riavuto il giorno seguente e, poiché si dibatteva furiosamente, cercando di liberarsi dei suoi legami, lo si dovette abbattere con un colpo di fucile alla testa. La spedizione degli animali catturati si fa in un modo molto semplice: si introducono in casse, munite di spiragli per far circolare l'aria e si abbandonano al loro destino. Grazie a questo trattamento gli animali arrivano assai irritati ed aggressivi, ma si placano in breve tempo. Condizioni indispensabili per il loro benessere sono una gabbia spaziosa con tronchi e rami sui quali possano arrampicarsi e un ampio bacino d'acqua per il bagno. Le coperte di lana in cui vengono generalmente avviluppati, nell'intento di riscaldarli, riescono forse più dannose che utili: alcune volte si è, infatti, osservato come questi animali, spinti dalla fame, si siano indotti a trangugiarle. Un boa, nel giardino zoologico di Londra, inghiottì una coperta di quasi quattro metri quadrati e se la tenne dentro per circa un mese. Quando alla fine la rimise, la coperta era ancora intera, solo aveva assunto la forma di un grosso rotolo lungo più di un metro e mezzo; l'animale si mostrò spossato per una decina di giorni, ma, alla fine, si rimise completamente. Un fatto analogo accadde anche a Berlino.

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